mercoledì 7 agosto 2013

sabato 20 luglio 2013

Fuoco "amico" contro Orban

Nuovo comunicato di un cittadino ungherese (Kovacs Andras) al popolo italiano del 16 luglio 2013
In Ungheria i socialisti e liberali tornano all'attacco.
L’Europa dove va?A noi ungheresi non piace l’Unione Europea di adesso, noi siamo sopravvissuti alla dittatura nazista e comunista ed oggi una grande forza prova ad interferire con la nostra nazione! Oggi purtroppo le persone ungheresi si sentono ancora sotto una dittatura perché ci sembra che a Bruxelles decidano tutto,si sente la pressione socialista e liberale che a ogni costo vuole spazzare via dalla strada il governo Orbán.
Penso che chi ha fondato l’Unione Europea (Konrad Adenauer) oggi si stia rigirando nella tomba.
Il tre luglio a Strasburgo c’é stato un giorno di lite sul tema Ungherese.
Un politico portoghese di sinistra Rui Tavares ha redatto un documento fasullo riguardante l’Ungheria.
Per il gruppo della sinistra e dei liberali questo giorno é stato il giorno delle menzogne riguardanti l’Ungheria.
Un ministro ungherese, successivamente, con parole chiare e decise ha risposto alle accuse.
Il documento di Tavares aveva lo scopo di mettere in cattiva luce il governo ungherese. Il parlamentare rappresentante della minoranza etnica rom in Ungheria Farkas Flórián ha screditato tutto quello che era stato scritto riguardo ai rom , incontrando di persona l’autore (Tavares) di tutte quelle menzogne scritte dicendogli che era tutta una falsitá perché in Ungheria non esiste la discriminazione razziale.
Nel parlamento ungherese lavorano tre rappresentanti parlamentari rom e lavora un rappresentante parlamentare europeo rom ungherese. Quí in Ungheria il prossimo aprile ci saranno le elezioni parlamentari .Sono iniziate le campagne elettorali politiche della sinistra e questo non sarebbe un problema se si svolgessero regolarmente e in modo corretto.La sinistra ungherese non ha paura di di comportarsi in maniera non pulita ed é capace di fare azioni non corrette in preparazione delle elezioni politiche.Prima delle elezioni del 2010 il ministro socialista dei servizi segreti Szilvásy György ha ordinato ad un collega dalla posizione molto elevata di incontrarsi piú volte con la peggior mafia ungherese e cosí é stato.
Il compito della mafia era quello di creare false situazioni sempre per sfavorire Orbán Viktor e i politici di destra, favorendo i socialisti e i liberali. Adesso questi personaggi sono finiti in tribunale. L’ex capo del governo ungherese socialista Gyurcsány Ferenc ad un’incontro chiuso solo per i socialisti ha riferito a chi era presente che loro hanno mentito a tanta gente,hanno imbrogliato i propri simpatizzanti ma hanno imbrogliato anche a Bruxelles perché Gyurcsány ha mandato dei documenti falsi dove riportavano dei dati che non erano reali con l’andamento dello stato attuale di allora e tutto questo é stato fatto solo per poter vincere le elezioni. Nel 2006 quando sono emersi questi fatti la popolazione ungherese si é rivoltata nelle strade manifestando pacificamente per intervenire affinché Gyürcsány si dimettese ma lui ha comandato alla polizia di intervenire brutalmente contro i manifestanti usando mezzi come pallottole di gomma,manganelli. Tante persone giovani, anziane ed anche straniere sono finite all’ospedale gravemete ferite,esistono video e foto dell’accaduto.L’ ex capo del governo Gyurcsány un anno prima che scadesse il suo incarico si é dimesso spontaneamente proprio perché la pressione di tutto quello che era stato scorrettamente fatto era cosí forte che non ci sono state altre alternative per lui se non quella di dimettersi.Purtroppo in questo anno „vuoto” é subentrato un personaggio simile a Gyurcsány che si chiama Bajnai Gordon.Loro due hanno preso dall’IMF (Fondo Monetario Internazionale) e dall’Unione Europea piú miliardi di prestito, quando sapevano perfettamente che avrebbero perso le elezioni politiche e purtroppo il contratto del prestito prendeva „in maniera curiosa” che la quota maggiore di restituzione sarebbe stata corrisposta tra il 2010 e il 2014.
Adesso la banca nazionale Matolcsy György ha scritto una lettera alla direttrice del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde spiegando che l’Ungheria prima del tempo vuole pagare il ritorno di questo prestito che nel 2008 il governo socialista e liberale aveva preso ed ha sperperato.
Matolcsy György ha anche chiesto alla direttrice Christine Lagarde che vorrebbe che l’ufficio del fondo monetario di Budapest chiuda.
"L’Ungheria sta in piedi con le proprie gambe e non chiede piú prestiti al Fondo monetario internazionale perché questo prestito crea solo danni alla popolazione e di questo ci sono esempi concreti." Questo debito da restituire ora grava sulle spalle di Orbán. Gordon aveva grandi imprese tra cui una dove venivano lavorate grandi quantitá di oche da macello acquistate da privati.Nel tempo é émerso che Gordon non ha pagato queste persone che gli portavano da vendere oche da macello creando cosí gravi danni finanziari a questi imprenditori fino a che qualche persona si é spinta al suicidio soffocata dai debiti e dal fallimento provocato dai mancati pagamenti da parte di Gordon per il bestiame acquistato.
Questi grossi danni provocati da Gordon oggi vengono pagati da Orbán come quando Orbán all’inizio del suo incarico ha dovuto pagare ai vigili del fuoco tutti le ore di straordinario quando ancora al capo del governo si trovava Gyurcsány. Il breve periodo di Gordon ha portato tanti disagi ai cittadini, per esempio ha cancellato la tredicesima mensilitá ai lavoratori come l’ha cancellata ai pensionati, ha abbassato dai tre anni ai due anni il sostenimento per il mantenimento dei figli che ogni famiglia poteva usufruire e tanto altro ancora.
E nonostante tutto questo ancora provano a ritornare al „comando”!! Il Governo di Orbán Viktor nel 2010 non a caso ha vinto con i 2/3 e ai socialisti e liberali europei si sono ''alzati il peli sulla schiena”.
Con questa grande vittoria subito il governo di Orbán Viktor é stato attaccato dai socialisti e liberalis ungheresi ed europei e ancora adesso é sotto attacco.Nel 2012 é stata tale la pressione contro Orbán che hanno provato adirittura ad intromettersi nell’economia.
Per esempio l’agenzia di stampa Bloomberg piú volte ha redatto servizi sull’economia ungherese non veritieri creando danni anche alla valutazione del fiorino. Nel tempo queste notizie sono state smentite e l’agenzia Bloomberg ha dovuto chiedere scusa al governo ungherese.Questi avvenimenti alla popolazione ungherese non sono piaciuti e cosí spontaneamente piú di 500.000 persone(bambini,famiglie,anziani e stranieri)sono scesi nelle strade di Budapest appoggiando in maniera tranquilla, pacifica e tangibile Orban Viktor.
La popolazione ungherese in qualsiasi momento se é necesario é pronta a ritornare nelle strade per dimostrare il suo appoggio e non solo nelle strade di Budapest ma in qualsiasi parte dell’Ungheria.
La nuova legge costituzionale ungherese é una buona legge che piú politici stranieri hanno riconosciuto tale solo che bisognerebbe leggerla per sapere esattamente cosa contiene.
Il governo di Orbán Viktor prova sempre a mettersi dalla parte del cittadino, tante cose positive ha portato alle persone. Per esempio alle famiglie numerose esiste il benificio fiscale,ha allungato il periodo per il sostenimento del mantenimento dei figli,sostiene l’incremento delle nascite,sostiene le vacanze ai bambini delle famiglie bisognose,ai pensionati é stata alzata la pensione,sono state abbassate le bollette di luce,acqua,gas,spese per lo spazzacamino,immondizie,fognature, da gennaio 2013 del 10% e ancora si abbasserá del 10% in autunno e il governo lavora ancora per poter abbassare ulteriormente la percentuale, sostiene chi ha chiesto tempo addietro un prestito in valuta straniera e che paurosamente nel tempo si é triplicato,sostiene chi in tragedie ambientali ha perso casa e si potrebbe ancora scrivere a riguardo di quanto aiuto ci sia ancora in Ungheria. Si vede che questo governo Orbán é un governo delle persone e non delle banche. Questo governo in modo duro ha tassato le banche,le multinazionali e per questi avvenimenti il governo di Orbán é attaccato.Ora il debito pubblico si abbassa cosa che non é accaduta al tempo del governo di sinistra.I miliardi di debiti che il vecchio governo della sinistra aveva chiesto alle banche globali adesso il governo Orbán si ritrova ad estinguerlo e cerca di farlo il prima possibile chiudendo ogni rapporto.Il goveno Orbán per ogni decisione importante chiede il parere della popolazione, e verrá dimezzato il numero dei rappresentanti in parlamento.Adesso riprendiamo il discorso su Tavares.Gentile signor Tavares la prossima volta che scrive un documento sull’Ungheria la prego di scrivere la veritá e non cose inventate.Orbán Viktor e tanti altri importanti politici stranieri ritengono che il contenuto del suo documento abbia creato gravi danni all’Ungheria!Orbán Viktor ha chiuso l’incontro a Strasburgo affermando:''Noi ungheresi combatteremo queste persone che vogliono comandare e dirigere tutti!''Non vorrei essere al posto del capo del governo Orbán Viktor perché in giro ci sono tanti nemici mortali (non a caso in questo anno il famoso gruppo Bilderberg ha parlato dell’Ungheria.)Gentili persone italiane,io anche adesso ho provato a mettere in luce la veritá.
Non sono una persona importante o che lavora in politica ma una persona semplice.
Purtroppo socialisti e liberali provano in ogni modo e con qualsiasi mezzo a spargere fango ed a diffondere falsitá attraverso i massmedia (notiziari cartacei e televisivi).Vorrei ringraziare i politici italiani e stranieri che hanno appoggiato ,sostenuto e difeso Orbán Viktor e il suo governo e che hanno votato no per il documento Tavares ed ha appoggiato l’Ungheria.Posso proporre a quelli che parlano male dell’Ungheria di venire nel nostro paese e di conoscere cosa c’é e come funziona la vita quí, volentieri posso aiutarli se occorre.Vi ringrazio come sempre per aver letto il mio articolo e ci sentiremo presto per rispondere ad altri falsi articoli e vi auguro ogni bene per l’Italia.Vi allego un al documento Tavares scritto da un rappresentante del parlamento europeo polacco:'' Spettabile signor Orbán Viktor,le chiedo scusa per quello che é accaduto in aula. Chi ha fondato l’Unione Europea sicuramente oggi si rigira nella tomba.Quello che successo in aula é stata una vendetta contro il suo governo. Signor Orbán lei non é voluto bene dal capitale internazionale,perché lei ha messo la tassazione.La sinistra la odia perché lei ha inserito il cristianesimo nella legge fondamentale.I socialisti la odiano perché lei definitivamente ha condannato il socialismo come una dittatura.Ma lei che viene attaccato non muore …ma solo si rafforza .Le auguro ogni bene e viva l’Ungheria libera."Jacek Olgierd Kurski rappresentante del parlamento europea
Strasburgo,03 luglio 2013''

Kovács Andráscontatti: bundi01@vipmail.hu

lunedì 8 luglio 2013

Gli intramontabili!


CINEFORUM: I GRANDI CLASSICI
MERCOLEDI 10 LUGLIO
ORE 21
"LA SPADA NELLA ROCCIA"

sabato 15 giugno 2013

Islam: un altro occidente?


Abbandonando l'idea di esotismo che si accosta ogni qualvolta si affronta questo tema, cercheremo di capire quanto la secolarizzazione e quindi la decadenza abbiano colpito il mondo musulmano e quanto le conseguenze di questi processi siano legati al destino di tutto il mondo.

Lasciate a casa sentenze e luoghi comuni. L'Islam è un altro occidente? 

Venerdì 28 Giugno, ne parleremo assieme al Professor Angelo Iacovella (Docente di lingua e letteratura araba). Ore 18.30 Via Madonna del Riposo, 18.

Non mancare!


giovedì 9 maggio 2013

Siria: Padre Daniele scrive a Van Rompuy


Il Krak dei Cavalieri fu la più importante e più nota costruzione militare fortificata dell'Ordine militare dei Cavalieri dell'Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme.


Che cosa dovrebbe fare l’Europa in Siria? Lettera aperta a Herman Van Rompuy
Lettera Aperta a H.Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo 

di Padre Daniel Maes

Eccellenza,
oggi è più che mai difficile ottenere il sostegno dei capi di Stato e di governo. Lei è, per così dire, sulla sedia di Robert Schumann, il padre dell'Europa. (…) politico la cui preoccupazione principale constava nella riconciliazione, nel dialogo, nella cooperazione, nella solidarietà e nella pace dei popoli, con un grande rispetto per l'individualità di ogni nazione, verso la creazione di un'Europa solidale con tutti i paesi e i popoli. Lei sa tutto questo meglio di chiunque altro. In merito a ciò che sta realmente accadendo in Siria, mi permetta di condividere con Lei qualche esperienza personale. Io sono un semplice cittadino, un cittadino europeo che da alcuni anni vive e lavora in Siria. Qui ho pienamente apprezzato l'ospitalità della gente e il suo considerevole patrimonio umano: libertà, pace e soprattutto una profonda e radicata volontà di vivere in pace e sintonia con tutti i diversi gruppi etnici e religiosi per vivere insieme in concordia. A Damasco, Qara e altrove sono stato ospite in molte famiglie, sia musulmane che cristiane. Non ho mai incontrato alcuna differenza in termini di generosità e ospitalità. Nessuna forma di ostilità. Nel frattempo Qara è divenuta oggi un covo di terroristi e uno dei posti più pericolosi in Siria.

Dietro la cosiddetta "Primavera Siriana"
Ho visto nascere su iniziativa dell'Occidente e dei suoi alleati arabi la cosiddetta "rivolta". Come al solito abbiamo camminato attraverso Qara, visitato qua e là malati nelle famiglie, fatto un pò di shopping e poi insieme ad alcuni ragazzi ed al parroco abbiamo pranzato nella ridente città bizantina. Questo dopo la preghiera del Venerdì presso la moschea centrale, insolitamente affollata. Quindi è accaduto che giovani uomini dall'atteggiamento circospetto d'improvviso hanno cominciato ad agitarsi ed a gridare slogan contro il presidente della Siria al fine di scattare foto e filmare video. Il sacerdote ha poi rivelato come negli ultimi tempi tali pratiche siano divenute una buona attività per guadagnare un pò di soldi vendendo le foto e i video realizzati su Al Jazeera. E si sa come Al Jazeera fino ad oggi abbia influito sulla manipolazione dell'informazione occidentale. La realtà è che in Siria non è mai scoppiata alcuna "sollevazione popolare" e non c'è mai stata una "guerra civile" fomentata dalla popolazione.

Il Complotto – Vittime Sacrificali Predestinate da tempo
In realtà il Governo, il popolo e il territorio siriano erano da tempo le vittime sacrificali predestinate nell'ambito di un complotto (cospirazione) preparato e ben pianificato dall'esterno. D'altra parte fortissimi ed occulti interessi spingerebbero le azioni dell'America, Israele, Europa, Turchia, Arabia Saudita e Qatar: il modo in cui essi presentano e trattano il popolo sovrano siriano ed il suo territorio è un crimine contro l'umanità.

La Responsabilità dell'Europa
La responsabilità dell'Europa è evidente ed implica la negazione più radicale di tutti i suoi principi. Probabilmente la Siria dal punto di vista strategico è uno dei luoghi più importanti per i governanti del mondo, nonché una delle poche roccaforti a resistere contro il distruttivo imperialismo occidentale (che – aggiungiamo – ha già fatto piazzapulita in Medioriente ed Africa).

Il Ruolo della Turchia
Il presidente siriano si è sempre dimostrato pronto al dialogo ed all'amicizia verso la vicina Turchia. Nel frattempo, l'Europa ha posto un suo quartier generale militare lì sul confine settentrionale con la Siria, provvedendo ad allestire campi per l'addestramento militare dei terroristi. Infine, la Turchia ha messo le mani su tutte le fabbriche di Aleppo – il cuore economico della Siria – smantellandole, saccheggiandole e distruggendole, dimostrandosi un fedele partner europeo, con tanto di pugnale nascosto dietro le spalle, e proteso a perseguire il suo sogno: ripristinare l'impero ottomano.

Ruolo di Arabia Saudita e Qatar
La Siria è infine l'ultimo baluardo contro l'Islam fondamentalista radicale ed è quindi una spina nel fianco di Arabia Saudita e Qatar: anch'essi buoni amici dell'Occidente, amici ricchi e potenti, nonché i più grandi finanziatori del terrorismo a livello internazionale. Anche se la loro società rappresenta una vergogna per la famiglia umana, essi vogliono creare a tutti i costi uno stato laicale in Siria (cancellando definitivamente – aggiungiamo – la presenza del Cristianesimo) sostituendo all'attuale credo una dittatura islamica radicale. In effetti essi stanno facendo il "lavoro sporco" nell'interesse degli amici occidentali, che un domani (a lavoro finito) potranno mettere le mani sulle risorse energetiche del Paese e quindi stabilizzare nella regione il proprio potere.

L'Asse del Male e la Nuova Norimberga
I cittadini siriani saranno spazzati via, il Paese – come accaduto già in tanti altri paesi – sarà lasciato in balia di queste forze esterne e della fazione collusa con le forze occidentali (e con l'integralismo islamico) auto-proclamatasi col curioso appellativo di "Amici della Siria". Fazione che a sua volta avrà la sua parte della ricchezza ergendosi contro le altre potenze regionali. Ma una volta cadute tutte queste maschere, quanto accaduto sarà probabilmente ricordato attraverso una nuova Norimberga. Ciò dimostrerà il fatto che il famoso "asse del male" in realtà non riguardava affatto Damasco, ma bensì Washington, New York, Bruxelles e Londra.

Il Ruolo dei Cristiani nella rinascita della Siria
Come cristiano, io appartengo al gruppo più imparziale in Siria: i cristiani nella storia della Siria hanno avuto un ruolo importante nel Rinascimento arabo, fornendo tra l'altro il loro contributo particolare alla cultura araba. Ma i cristiani non hanno mai avuto alcuna ambizione nel diventare un gruppo di potere, supportano tutte le riforme in maniera assolutamente equilibrata e non partigiana. I cristiani sono il gruppo più povero, ma restano testimoni della loro fede in Gesù Cristo e del Regno di Dio sulla terra. Quindi, finora, in tale prospettiva, abbiamo operato al fine di aiutare le famiglie bisognose di tutte le etnie e religioni, ricevendo nel contempo aiuto e sostegno da loro. Vuole davvero sapere cosa sta accadendo in Siria? Ascolti allora le grida ripetute dei nostri patriarchi: i testimoni più attendibili e imparziali.

venerdì 5 aprile 2013

“Nessun golpe, l’Ungheria vuole solo tutelare le sue tradizioni”. Intervista a Claudia Leporatti



Ilfarosulmondo.it

“Golpe bianco” è il termine comodo, di pronto uso, a cui parte della stampa nostrana fa ricorso per etichettare le politiche di Viktor Orbán, primo ministro conservatore dell’Ungheria. In nome di non meglio precisati “valori europei”, si mette così al bando il tentativo di tutelare l’interesse nazionale sopra a ogni prescrizione o ingerenza provenienti da Bruxelles e da Wall Street.
Le semplificazioni dovute all’ostracismo dei media però possono distorcere la realtà dei fatti, fornendo all’opinione pubblica un’immagine del Paese magiaro e del suo Governo caricaturale, pertanto inaccettabile.
È per questo, per ricavare un’opinione competente e non viziata dal pregiudizio, che abbiamo contattato Claudia Leporatti, una nostra connazionale che vive e lavora a Budapest, dove si occupa di comunicazione aziendale e della testata italiana Economia.hu, dedicata all’economia ungherese.
Gran parte dei mezzi d’informazione occidentali annunciano con toni allarmistici le modifiche costituzionali operate dal Governo ungherese, arrivando persino a parlare di “golpe bianco”. La situazione, analizzata dall’interno, è davvero così aderente a certe rappresentazioni mediatiche?
Quello che mi stupisce è lo stupore, il “gridare” al colpo di Stato. Mi pare che Orbán sia stato molto chiaro fin dall’inizio del suo mandato, nel 2010, su quali fossero le sue intenzioni. Una nuova Costituzione, un potere forte, la protezione delle tradizioni e degli interessi locali. Quello che ha ottenuto la maggioranza dei due terzi dei seggi alle politiche di tre anni fa è un esecutivo conservatore e protezionista, che quando decide di effettuare una modifica la fa, a costo di doverla far accettare come misura transitoria per poi introdurla modificando la Carta Fondamentale. Questo è di fatto quello che è successo con questo quarto emendamento alla Costituzione entrata in vigore nel 2012.
Soprattutto, in nome del pluralismo dell’informazione, viene messa all’indice la legge sui media. Chi meglio di te, che svolgi la professione di giornalista in Ungheria, può dirci se realmente questa legge costituisce un “bavaglio di regime” nei confronti della stampa…
Posto che l’attenzione sulla tutela della libertà di stampa è molto importante e deve essere tenuta alta, noto che la critica e la satira su Orbán sono pubblicate senza ostacoli. Nelle edicole e nei manifesti di Budapest si vedono vignette di tutti i tipi, molte delle quali ridicolizzano i membri del Governo, non credo che i vignettisti, i comici e nemmeno i giornalisti debbano emigrare. Mi è successo di scrivere articoli contro alcune scelte di Orbán e non ho ricevuto nessun tipo di contestazione, eppure so per certo che quello che scrivo viene letto dal Governo, che ha del personale dedicato e poliglotta.
Ma del resto anche in Italia si parlava di mancanza di libertà sotto Berlusconi, nonostante ci siano stimati giornalisti che vivono della critica contro l’ex premier. Ribadisco comunque, da giornalista e amante della scrittura, che mi rallegro di vedere monitorata la libertà di espressione. Ci sono d’altronde delle disposizioni nella tanto contestata legge sui media che danno ragione dei timori europei: mi sembra assurdo che a una radio, ad esempio, sia imposta una certa percentuale di musica magiara. E se un canale volesse dedicarsi al rock americano? Dove sarebbe il problema?
Eppure anche in Francia, sin dal 1994, senza che ciò abbia mai provocato alcun “timore europeo”, esiste una legge che richiama le emittenti a un obbligo simile, per tutelare la musica nazionale…
Interessante, comunque, non avevo idea che ci fossero assurdità simili anche in altri Paesi!
Secondo la tua percezione, la società civile ungherese come sta vivendo l’ostracismo che i media europei esprimono nei confronti del Governo Orbán? Il consenso nei suoi confronti è calato? Cosa prevedi per le elezioni del prossimo anno?
Orbán è stato eletto con una vasta maggioranza e stando ai sondaggi può dormire sonni tranquilli. Con mosse relativamente semplici come abbassare le tariffe delle bollette, inoltre, ottiene rilevanti picchi di consenso. Ci sono comunque anche degli strenui oppositori e centinaia di delusi, che lo hanno votato e non ripeteranno la stessa scelta. La vittoria è altamente probabile, secondo molti quasi certa e in effetti è difficile pensare che questo Governo abbia passato certe leggi che ne amplificano il potere se nutrisse il dubbio di poter essere sconfitto nel 2014.
Il più accreditato sfidante di Orbán, Gordon Bajnai, è un politico apprezzato dai mercati, rappresentante della cosiddetta “tecnocrazia”. Credi che questo possa penalizzarlo? Com’è vista la Troika in Ungheria?
Bajnai, già primo ministro tra il 2009 e il 2010 alla guida del Governo tecnico instaurato dopo le dimissioni di Ferenc Gyurcsány, è un economista giovane e competente e personalmente penso che sia una figura molto positiva, che ha le cartucce per organizzare un “restauro” di un’opposizione al momento troppo frammentata per costruire un solido consenso. Quello che penso lo penalizzi sia il fatto di non essere un politico e di avere alle spalle una squadra di validi esperti che come lui non sono però dei politici.
Sinceramente non ho rilevato un’opinione comune degli ungheresi verso la Troika, che nel 2008 ha salvato il Paese nel momento più acuto della crisi economica. Posso dire che non penso che sia questo legame a mettere i bastoni tra le ruote a Bajnai. Bisognerà semmai vedere se il futuro candidato saprà venire a patti con il resto dell’opposizione e creare una coalizione in grado di offrire un’alternativa concreta e in grado di governare. Il tempo non è molto, ma mi risulta che il nuovo partito “Insieme per il 2014” si stia dando da fare per farsi conoscere, anche nei centri minori.
È notizia di questi giorni la nazionalizzazione della compravendita di gas in Ungheria. Questa operazione rivela la volontà, più volte espressa pubblicamente da Viktor Orbán, di rafforzare i legami con il colosso del gas, Gazprom, e dunque con la Russia. In ragione dei problemi tra Ungheria e Unione europea, pensi che un’apertura ad est possa rappresentare un viatico proficuo per il Paese magiaro?


di Federico Cenci


Non posso prevedere se sarà o meno proficuo, posso dire con certezza che è questa la linea scelta dal Governo di Orbán, confermata in più occasioni e da diversi esponenti dell’esecutivo. Russia, ma anche Cina, Caucaso e Paesi arabi. Stati dove l’Ungheria si sta inserendo aprendo le sue “trading house” e con cui intende attuare le esportazioni, puntando sul suo manifatturiero.

Europa dei popoli o delle banche? 12 Aprile ore 18


Vecchi nemici e nuove speranze in Siria


Raid Americani in Provincia di Palermo


Da Espresso.Repubblica.it


Militari americani di stanza nell'isola si divertono a girare a bassa quota con gli elicotteri nelle campagne attorno a Palermo: poi atterrano, fanno esercitazioni in assetto di guerra nei campi e se ne ripartono. A volte anche di notte(03 aprile 2013)I BlackHawk americani sono apparsi per la prima volta a fine settembre. Una lunga formazione di nove elicotteri scuri che hanno sfiorato a tutta la velocità le campagne alle porte di Corleone. I contadini li hanno osservati volare via in direzione di Contessa Entellina, sempre in provincia di Palermo, lasciandosi alle spalle il suono cupo dei rotori. Non sapevano che quel raid improvviso era solo la prova generale dei giochi di guerra nei cieli della Sicilia.

A fine ottobre la scena si è ripetuta. Questa volta un elicottero è sceso a terra. Le foto lo identificano come un velivolo delle forze speciali, con mitragliatrici sulle fiancate e sistemi elettronici d'avanguardia. E anche i marines sbarcati al suolo avevano l'equipaggiamento dei commandos: dovrebbe trattarsi di una squadra del combat rescue, le truppe scelte che devono penetrare dietro le linee nemiche per soccorrere i piloti abbattuti. Come fecero in Bosnia nel 1995 salvando il capitano Scott o' Grady, nascosto nei boschi per sfuggire ai miliziani serbi. I contadini di Contessa Ezzellina hanno accolto quella pattuglia calata dal cielo con abbracci e sorrisi: anche i marines con visori infrarossi sugli elemetti si sono messi in posa per una foto ricordo. Poi sono tornati a bordo e decollati a tutta velocità.

Ma dopo il primo contatto amichevole, da ottobre ad oggi le cose sono cambiate. La frequenza degli atterraggi a Contessa Entellina si è intensificata, fino a diventare da febbraio quasi un appuntamento settimanale. Vengono descritte come esercitazioni di combattimento, con le formazioni di elicotteri che arrivano al calar del sole e sbarcano le squadre d'assalto sul terreno. Poi, in genere dopo due-quattro ore, i BlackHawk tornano a recuperare i commandos.

Spesso gli americani piazzano sul terreno anche strumenti elettronici: forse apparati di trasmissione o sistemi di misurazione, che vengono smontati prima di ripartire. Il tutto sopra poderi seminati a grano, non in un poligono desertico o in una base statunitense.

In un paio di occasioni, lo sbarco in Sicilia è avvenuto a notte fonda, gettando nel panico le popolazioni che vivono in quei territori agricoli. Dopo il frastuono delle pale dell'atterraggio, la scena raccontata da chi ha seguito le fasi della missione notturna è quella di un action movie, con lucine azzurrognole (presumibilmente dei visori o dei faretti istallati sulle armi dei militari) a mezz'aria che si muovono in velocità a zig zag verso immaginari obiettivi. L'ultima missione a Contessa Entellina si è tenuta proprio alla vigilia di Pasqua. Questa volta, secondo il racconto dei presenti, dall'elicottero non sono scesi soltanto i commandos, ma anche un signore in abiti civile che per oltre tre ore è rimasto indaffarato con le sue misurazioni.

Anche le dinamiche sono cambiate: non ci sono più contatti con la popolazione locale. «Qualche volta ho cercato nuovamente di avvicinarmi a loro per chiedere il perché della loro presenza ?€“ spiega G.S., un contadino della zona ?€“ e al loro primo atterraggio abbiamo parlato. Non ho capito granché perché non conosco quasi per nulla l'inglese. Ma dopo quel primo atterraggio, hanno sempre evitato incontri con i civili. Se si accorgevano di una presenza, salivano in cielo per pochi minuti e spostavano di qualche centinaio di metri il loro punto di sbarco».

Chi ha autorizzato queste missioni militari in zone abitate? Si tratta di semplici esercitazioni o i raid degli elicotteri hanno anche altre finalità? Alcuni degli abitanti fanno notare come le misteriose operazioni in provincia di Palermo si siano intensificate proprio con l'aumentare delle polemiche tra il governo regionale e i vertici dell'Us Navy della grande base di Sigonella, da dove probabilmente decollano questi stormi. Un confronto quello tra la giunta Crocetta e l'amministrazione statunitense sfociato nella decisione di revocare le autorizzazioni regionali al cantiere del Muos, il sistema di comunicazioni satellitare fondamentale per i piani futuri del Pentagono. Solo una suggestione, tra le tante ispirate dall'enigma degli assalti aerei nelle campagne della Sicilia più profonda.

giovedì 4 aprile 2013

Liberiamoli


Ungheria, la svolta rivoluzionaria


da azionetradizionale.com

Nonostante i suoi 48 anni Orbán è l’unico reduce dei movimenti di opposizioni anticomunisti degli anni Ottanta ancora in attività, ma soprattutto l’unico politico est-europeo che osa ancora opporsi all’idea di un’Europa 
post-comunista trasformata in gigantesca piattaforma commerciale al servizio della locomotiva tedesca. La formazione culturale e politica del primo ministro ungherese riflette la complessità del personaggio. Nato nel 1963 in una famiglia della tipica piccola borghesia di provincia, integrata e per nulla ostile al regime comunista, Orbán diventa un oppositore durante il servizio militare, compiuto nel 1981-82, negli anni plumbei della “piccola guerra fredda”, quando l’esercito ungherese, nonostante il paese soffra un pesante crisi di liquidità che lo porterà a un passo dalla bancarotta, continua a esercitarsi sull’ attacco al “nemico principale”, l’Italia. L’ottusità ideologica dei superiori e l’insensatezza della routine militare spingono il giovane Orbán a una rivolta generazionale ed esistenziale, prima ancora che politica.
Orbán e al suo movimento hanno un so che molto accattivante e paradossalmente rivoluzionario, i cui militanti non possono avere per statuto più di 35 anni e che viene considerato dalla “buona società” budapestina l’ala scanzonata della più rispettabile Alleanza dei democratici liberi (Szdsz), il partito dei dissidenti famosi in Occidente, da Gábor Demszky a György Konrád, da János Kis a Gáspár Miklós Tamás. Entrambi i partiti si collocano su una piattaforma ideologica confusa quanto accattivante: anticomunismo e filo-occidentalismo, sensibilità ai temi sociali ma liberismo economico, attenzione ai diritti umani e alle minoranze.
Orbán in un’epoca nella quale proprio a Bruxelles gli Stati membri difendono senza pietà i propri interessi nazionali.gode di una fama così negativa al di fuori dell’Ungheria? Il motivo di fondo sta nella diffusa ostilità pubblica (in privato molti politici europei concordano ma preferiscono non esporsi) ai postulati ideologici della sua svolta conservatrice, dall’impegno per le comunità ungheresi d’oltreconfine alla centralità della visione cristiana nei rapporti sociali, dalla difesa e promozione della famiglia tradizionale alla critica del relativismo culturale liberale.
La scelta del premier di centrodestra magiaro scatena l’ira della stampa internazionale e dell’Unione europea. L’Ungheria non piace all’Europa. E il sentimento sembra essere reciproco. Il premier Viktor Orban pensa più al proprio popolo, piuttosto che ai vertici dell’Unione europea. E questo non piace a Bruxelles. L’ultima eclatante e, secondo alcuni, “oltraggiosa” mossa attuata dall’amministrazione del leader del partito di centrodestra, Fidesz, è stata quella di nominare un nuovo Governatore per la Banca Centrale Ungherese (Mnb). Il suo nome è Győrgy Matolcsy, Ministro dell’Economia. E’ Orban stesso ad annunciare la nomina, tramite i microfoni di Kossuth Radio. Il Wall Street Journal aveva già ipotizzato da tempo che potesse avvenire questo stravolgimento all’interno dell’Ue, tanto che aveva intervistato Matolcsy sulle sue intenzioni.“La Banca centrale e il Governo dovrebbero cooperare tra loro” aveva risposto ad una delle tante domande l’ex Ministro dell’Economia.
Ovviamente, la scelta ha fatto adirare la stampa europea. “La Repubblica” definisce il gesto del premier magiaro come “una gravissima sfida ai princìpi del mondo libero e delle istituzioni economiche e finanziarie, dalla Banca Centrale europea al Fondo Monetario Internazionale”. C’era da aspettarselo. Nessuno in Europa vede di buon occhio i tentativi di nazionalizzazione bancaria, che Orban da tempo sta tentando di mettere in atto. E tutti hanno già cominciato a scalciare, strepitare e battere i piedi per terra. Ma, fino a prova contraria, l’Ungheria è uno Stato sovrano e il suo Governo è stato eletto liberamente e democraticamente dal popolo, che ad oggi ancora si rivela dalla sua parte. Tra l’altro, anche il Giappone sta attuando le stesse politiche del premier magiaro. Sempre secondo “La Repubblica”, Matolcsy prende il posto di Andras Simor, banchiere apprezzato da personaggi come Mario Draghi e dal Governatore della americana Fed, Bernanke, oltre che da vari capi di Stato, come Angela Merkel ed Obama. Insomma, un uomo di cui i nostri paesi si dovrebbero vantare. Ma ad Orban questo non interessa. D’altronde c’è un limite al volere della Germania, degli Usa o della troika. E il premier magiaro non è neanche molto incline a rispettare le direttive europee, dato che da quando si è insediato sia la stampa internazionale, sia il mondo delle istituzioni occidentali, non hanno fatto altro che dargli addosso.Insomma, l’inserimento di Matolcsy ha acquisito un sapore di nazionalizzazione che non piace a Bruxelles. Ma il nuovo governatore della Magyar Nemetzi Bank ha già dato dimostrazione di essere la persona giusta per questo compito. Sempre nell’intervista rilasciata al Wall Street Journal, alla domanda sulle politiche finanziarie europee, ha dichiarato che è un errore iniettare denaro nel sistema bancario a basso costo dalla Bce, a meno che non ci sia un fine specifico. Praticamente, si tratterebbe indirizzare i finanziamenti su obiettivi ben determinati. Insomma, quello che hanno detto anche alcuni personaggi qui da noi, in Italia. Attuare una sorta di “spending review”, ovvero ridistribuire i fondi europei con una maggiore specificità. Ma a questo “La Repubblica” non ha fatto caso. Per qualche strana ragione, non si è fatto caso a quando Mario Monti “consigliò” i nomi di Luigi Gubitosi e Anna Maria Tarantola per la dirigenza della Rai. Ma quando si parla di Ungheria si devono seguire le direttive europee. E su chi le sfida il colpo di martello deve cadere con maggiore violenza.
figurano la limitazione dei poteri della magistratura, della libertà di stampa e dell’autonomia finanziaria delle università. Il pacchetto comporta anche la potenziale “criminalizzazione” dei senzatetto, prevede che le chiese debbano collaborare con lo stato, blinda la natura eterosessuale del matrimonio e impone – sempre in via potenziale – ai laureati che hanno ottenuto borse di studio di lavorare in Ungheria per un determinato periodo di tempo.
La stampa estera denuncia quasi all’unisono queste misure. Mentre il ministro degli esteri Janos Martonyi,che ha appena inviato una lettera a tutti gli omologhi europei, tende a rassicurare e sottolinea l’eccessivo baccano mediatico. A Budapest c’è chi è sceso o scenderà in piazza contro Orban e prenderà invece le sue difese. Bianco e nero, buoni e cattivi. L’Ungheria continua a dividere e a dividersi.
E’ sempre più evidente che gli obiettivi della BCE e della commissione europea, che ha il potere esecutivo vero e proprio (mentre il parlamento europeo è soltanto un organo consultivo, senza potere legislativo), divergono sempre di più dalla Volontà Sovrana del Popolo e l’Ungheria ci da l’esempio, mettendo la propria banca centrale sotto controllo diretto del governo.
Tra le altre modifiche introdotte:
Si parte con la Corte Costituzionale, il cui potere di controllo sulle leggi approvate in Parlamento viene fortemente limitato. In pratica non potrà più discutere sui contenuti, ma solo sulla forma. Isupremi giudici magiari inoltre non potranno più fare riferimento alle sentenze emesse in passato: un azzerramento della giurisprudenza costituzionale.
Viene ridotta la possibilità per i partiti politici di fare campagna elettorale attraverso i media nazionali, mentre per i singoli cittadini potrà essere ulteriormente limitata qualora dovesse ledere la “dignità della nazione ungherese”. Vietati i dibattiti elettorali su radio e televisioni private.Se i clochard saranno trovati a dormire per strada saranno perseguiti penalmente. In oltre Orban ha introdotto una ordinanza secondo la quale, chi ha ricevuto durante i suoi studi sostegni da parte del governo non potrà abbandonare il paese per gli stessi anni della durata degli stessi. Questa è un’operazione atta a preservare e incrementare la forza lavoro, che solo i giovani laureati posso dare. Nient’altro che investire sul futuro del paese.
Una costituzione che rimette al centro la famiglia, che ridona sovranità alla nazione, che limita i poteri della finanza, che difende la propria terra dalla speculazione internazionale e dall’invasore straniero.
L’Ungheria di Viktor Orban fa paura. Fa paura ai vertici della finanza internazionale, ai burattini di Bruxelles, ai paladini della libertà e della democrazia.

venerdì 29 marzo 2013

Ringraziamo i liberatori


Libia. Santuario sufi distrutto a Tripoli da una bomba
Ieri nella capitale libica di Tripoli un gruppo di assalitori non identificati ha fatto esplodere un santuario Sufi nel sobborgo di Tajoura. Il santuario di Sidi Al-Andlusi era protetto dalla legge come un monumento nazionale.
SUFI PERSEGUITATI DALL’ISLAM. Non è la prima volta che fatti del genere avvengono in Libia e in tutto il mondo arabo. I sufi sono mistici islamici, soppiantati nella maggior parte dell’Umma (i paesi a maggioranza islamica) nel corso dei secoli dal potere politico e militare e dai jihadisti. I sufi predicano la santificazione attraverso il lavoro anziché attraverso la guerra santa, si basano sulla densità del rapporto maestro-discepolo, danno la precedenza alla venerazione di santi che hanno calpestato la polvere di questa terra anziché alla sacralizzazione di una parola astratta discesa dal cielo. Per questo i gruppi islamisti come i Fratelli Musulmani o i salafiti non li considerano veri islamici e li perseguitano attivamente.
IL PRECEDENTE. Lo scorso agosto estremisti islamici, si sono recati in pieno giorno nel centro di Tripoli e a Ziltan e con alcuni bulldozer hanno demolito dei santuari sacri per i musulmani sufi. Tutto questo senza che la polizia facesse nulla per impedirlo. L’allora ministro degli Interni si era giustificato così: «Non abbiamo fronteggiato le bande armate per un motivo ben preciso. Saremmo stati obbligati ad utilizzare le armi e questi gruppi sono armati. Non possiamo fingere di non saperlo. Queste bande sono molto forti sia per il numero dei componenti che per la potenza di fuoco. Io non posso ingaggiare una battaglia già persa». Ha poi aggiunto: «Se per impedire la morte di una singola persona, il prezzo da pagare è che tutti i santuari della Libia vengano distrutti, siamo pronti».
ATTACCATO CON UNA BOMBA. In un anno in Libia sono stati attacchi almeno una dozzina di santuari o mausolei sufi. Ieri i testimoni oculari hanno raccontato così quanto successo: «Hanno messo una bomba. Le porte e le finestre sono andate in frantumi. Siamo tutti molto tristi per quanto successo». Un uomo, ancora non identificato, è stato sospettato dell’attacco e arrestato.
PAESE INSTABILE. Dall’uccisione di Gheddafi durante la cosiddetta Primavera araba la Libia è un paese sempre più instabile. Intere zone del Paese sono governate non dallo Stato ma dalle milizie armate che si sono impossessate degli arsenali di Gheddafi. La sicurezza semplicemente non esiste. La grande maggioranza di queste sono composte da estremisti islamici, che perseguitano i cristiani ma, come evidenziato da questo caso, anche i musulmani.

da Tempi.it

martedì 19 marzo 2013

Ricomincia la salita...


‘L’appuntamento dei crisantemi’

 
da azionetradizionale.com
Tempo fa lessi ‘Lezioni spirituali per giovani samurai’ di Mishima, un libro molto interessante (anche perché conteneva il manifesto della sua ‘Associazione degli scudi’ e il proclama  da lui pronunciato prima del celebre suicidio) sull’etica dei samurai, ottimo per trarre degli esempi guerrieri di vita. Nel capitolo ‘Sul mantenere la parola data’, Mishima critica innanzitutto la moderna società contrattuale, nella quale è radicata una latente diffidenza verso gli esseri umani: si tende infatti a scrivere e firmare tutto, in modo che si evitino azioni nocive da parte dell’altro. Le persone, infatti, oggi agiscono (o almeno cercano di farlo) nei limiti di una legge che temono di trasgredire solo per averne ripercussioni dirette e per questo l’autore afferma che il mantenere le promesse o l’essere puntuale non ha in sé un’importanza determinante. Se una persona non mantiene una promessa detta oralmente, non sarà punita dalla legge. Ma è qui che entra in gioco la Lealtà, una nobile virtù che si basa sulla buona fede di chi si prende un impegno e che va oltre i profitti materiali. Per fare un esempio di quanto sia importante nella Tradizione dei samurai, Mishima ricorre ad un racconto che, essendo incuriosito dal leggerlo integralmente, mi sono andato a comprare nella raccolta dove è situato. Si tratta de ‘L’appuntamento dei crisantemi’ di Akinari Ueda, scrittore giapponese vissuto dal 1734 al 1809, contenuto nel libro ‘Racconti di pioggia e di luna’. La breve storia narra di un sedicente studioso, Samon, che vive rifiutando ogni agiatezza e che un giorno si reca da un tale del villaggio. Mentre conversano sente un lamento e il padrone di casa gli riferisce che c’è un samurai molto malato che ha chiesto di poter alloggiare lì per una notte. Samon intende fargli visita e, nonostante le avvertenze del padrone circa eventuali ripercussioni sulla sua salute, il ragazzo risponde sorridendo che vita e morte dipendono dal Cielo e apre la porta. Appena entrato, si mette a completa disposizione del samurai malato e dice di ospitarlo finché non sarà completamente guarito. Il samurai, Akana, gli racconta di essere fuggito in quanto era stato effettuato un assedio al castello in cui insegnava e gli era stato detto da un generale poco coraggioso presso il quale successivamente ha effettuato servizio, di rimanere lì e disinteressarsi  alla vicenda, cosa che Akana non poteva tollerare, e di essersi ammalato durante il viaggio. Nei giorni successivi, Samon e Akana instaurano una forte amicizia che porta Akana a diventare suo fratello, con il consenso della madre di Samon. Akana, però, deve partire per dovere, ma promette che il giorno della festa dei crisantemi, il nono giorno del nono mese, tornerà. Il giorno stabilito, Samon si organizza per preparare una calorosa accoglienza per il fratello acquisito, che però non arriva. La sera, però, compare dinnanzi a lui spiegandogli però di essere solamente uno spirito: egli, infatti, era tenuto prigioniero e non aveva alcuna possibilità di uscire. Per mantenere fede alla parola data, dunque, decise di togliersi la vita perché ‘un uomo non può percorrere mille miglia in un sol giorno ma uno spirito può farlo’.
Andrea P.

mercoledì 13 marzo 2013

Il Laboratorio Aslan consiglia...


INTRODUZIONE ALLA CRISTOLOGIA CORANICA

Giovedì 21 marzo, alle ore 16.30 presso l'Aula Magna

Giovedì 21 marzo, alle ore 16.30 presso l'Aula Magna, si terrà il seminario di introduzione alla cristologia coranica dal titolo '...wa lakin shubbiha la-hum' (...e così parve a loro). Presente all'iniziativa, patrocinata da Gruppi Biblici Universitari, il Magnifico Rettore prof. Zeno-Zencovich. La relazione sarà curata dal prof. Angelo Iacovella. L'evento è patrocinato dalla Facoltà di Interpretariato e Traduzione.

domenica 3 marzo 2013

Essere presenti. Dialogo tra Don Giussani e Testori.


Da tempi.it

Don Giussani: Se la colpa è dell’astrazione, è soltanto il concreto che può minacciare il dominio dell’astrazione. E il concreto è una presenza diversa. Ma una presenza diversa si esprime in parole, in parole che però lasciano intravvedere una continuità; non parole che «definiscono», nel senso che questo mondo «definisce tutto», vale a dire mette nella tomba tutto, rende cadavere tutto. Perciò devono essere parole che esprimono un contenuto vivo, cioè una presenza. Io non riesco a trovare un altro indice di speranza se non il moltiplicarsi di queste persone che siano presenze. Il moltiplicarsi di queste persone; e una inevitabile simpatia o, starei per dire una cosa brutale, una «sindacalità» nuova fra queste persone; così come la esprime il termine che noi usiamo: riconoscimento. Al di fuori di questo, la traiettoria è così povera, l’umano è così relegato; è come se i mendicanti di una città dovessero combattere col potere che domina la città. Bisogna avere il coraggio della verità di se stessi. Il piccolo coraggio della verità di sé. Vale a dire la coscienza che il motivo della disperazione è una menzogna, una menzogna che si può vincere in se stessi, che non si può pretendere che sia vinta dalla società, da un esercito armato o da un esercito di obiettori di coscienza; ma che deve essere inizialmente vinta in se stessi, che può essere vinta in se stessi. E ciò è solo da questa rinascita di sé. E quando dico: «Guarda che se t’ammazzi non risolvi niente, perché tu resti; non eviti un domani; non puoi evitare il destino; il destino ti supera; e, infatti, non c’eri e sei nato; perciò sei dentro in una cosa più grande di quello che ti fa male, di quello che ti perseguita, che ti inaridisce. E ciò che ti costituisce, il tuo destino, ha una capacità di resurrezione in te purché tu lo voglia, purché tu l’accetti». In questo senso, io, a tutta questa gente dico che la prima cosa da fare è quella che sembrerebbe la più lontana: la preghiera. Cito sempre l’Innominato: «Dio, se ci sei rivelati a me». Perché il punto è quello. E questo non vale solo per il disperato, ma per chiunque; questa è la cosa che dico a tutti i ragazzi.

Testori: È possibile anche suggerire che un modo per dirsi «se ci sei, rivelati a me» sia odiarsi un po’ meno, intendo come creature di Dio; volersi, ecco, un po’ più di bene. Che l’uomo si voglia più bene, non in quanto uomo irriferito, ma in quanto creatura di Dio, cioè in quanto uomo riferito, voluto e, quindi, eterno.

Don Giussani: Certo.

Testori: «Amati di più, perché amandoti di più riconoscerai che sei stato voluto per amore». Forse è l’amore che ci ha voluti che ci spinge ad amarci come sul cratere d’un vulcano; come su di un precipizio.

Don Giussani: Certo, il problema è proprio qui. E altresì come arrivarci. Una volta arrivati a questo frutto, uno ricomincia a mangiare.

Testori: «Stimati di più del niente a cui t’hanno ridotto. Sei più grande, sei più importante, sei più ineliminabile».

Don Giussani: O come ha proclamato un manifestino di giovani universitari: «La vita è più grande». Ecco.

Testori: Ogni uomo partecipa di questa grandezza. Quindi, la maggior grandezza della vita è la maggior grandezza dell’uomo. Sono indivisibili, le due maggiori grandezze; una fa maggiore l’altra.

Don Giussani: Sì, ma la vita non esiste se la vita sei tu. Per me il punto è il riaccendere l’evidenza che la propria vita non nasce da sé, non ha sé come destino, ma appartiene a qualcosa di più grande, ed è questo qualcosa di più grande che ci costituisce.

Testori: Che non è separabile dalla tua vita; che è il viscere determinante della tua vita.

Don Giussani: Qualcosa di più grande che ci costituisce. Vale a dire la scoperta del paradosso che io sono un Altro. Non posso dire «io» se non dico «tu», se non dico «tu che mi fai». Come affermo quando cerco di spiegare cos’è la preghiera. Quello con cui volevo rispondere all’apertura di questo nuovo aspetto del dialogo, è che la vicenda della menzogna domina, sì, il mondo, come ha detto Gesù: «Tutto il mondo è sottoposto alla menzogna», e, adesso, la menzogna è giunta al suo parossismo completo perché il concreto della vita è cancellato; ma la vicenda della menzogna si gioca nella persona. Infatti uno s’ammazza o uno vive come un morto, accettando d’essere morto; ed è questo, poi, il vero suicidio. Quindi è ancora nella persona che si gioca la ripresa, il risorgimento, la rivoluzione. E, tuttavia, come fa adesso ad accadere questa ripresa? È questo il punto da affrontare. Esteriormente, l’unica risposta è che s’incontri una presenza diversa; che ci si imbatta in una presenza diversa; questa presenza può fare allora da reagente, da catalizzatore delle energie ormai latitanti.

Testori: Deve risvegliare il senso della nascita.

Don Giussani: Esattamente. E il risveglio della memoria avviene in compagnia di uno che vive già questa memoria. Non ci sono altre soluzioni. È il moltiplicarsi di queste presenze. Dice la Bibbia: «Ad ogni uomo Dio ha dato responsabilità del fratello»: uno che ha una fede anche in modo semplicemente implicito non può non conservare la fiducia nell’umano; deve perciò preoccuparsi della gente che lo circonda e diventare presenza per chiunque gli stia vicino; e, innanzitutto, per il marito, la moglie, i figli, gli amici di scuola, i compagni d’università e di lavoro. Ma se questo si verifica, è impossibile che poi queste persone non si riconoscano tra di loro, che non stabiliscano una solidarietà; che non sentano nascere tra di loro un bisogno, come dicevo prima, «sindacale». È dal moltiplicarsi di questi atomi che sorge un movimento; e un movimento allora contesta il meccanismo del potere. Però il tipo di inaridimento, il tipo di complesso nichilistico che la società ingenera, in cui la società cresce oggi la gente, questo complesso nichilistico rende stentata la ripresa di coscienza della responsabilità che si ha anche in chi conserva la fede, anche in chi conserva la fede naturale nel valore della vita; e perciò rende quasi impossibile la nascita del movimento. Comunque, secondo me, questo è l’aspetto fondamentale di un contrattacco nella società di oggi. Che la verità, che ha come suo luogo la mia persona, il mio stesso «io», si rianimi, abbia veramente il coraggio del suo essere, del suo vivere; che si renda conto di se stessa.

Testori: E che si renda conto della necessità di comunicare…

Don Giussani: … della forza umana che ha, della responsabilità di contagiare la creazione nel rapporto con gli altri. Quindi la necessità che questa ripresa di coscienza della persona non rifiuti la solidarietà con gli altri che hanno la stessa fortuna, che hanno la stessa grazia; vale a dire, non rifiuti di sentirsi parte del movimento divino nel mondo.

Testori: Se rifiutasse non vorrebbe dire che non lo è già più? Insomma che sta già perdendo il senso della memoria? In effetti, è proprio della memoria l’impossibilità di rifiutare di riconoscere altri che vivono dentro la stessa memoria dell’origine, della nascita.

Don Giussani: Sono d’accordo, tant’è vero che proprio questa è la tragedia dei cristiani. Oggi sono un po’ come lucignoli fumiganti di quella memoria. La riprova è nel mostrarsi incapaci di riconoscere l’unità che esiste tra di loro, cioè la comunionalità che è imminente alla loro vita.

Testori: E sono incapaci di riconoscere anche i segnali che la Grazia manda con straordinaria abbondanza. Per cui io credo che, tornando al discorso che facevi prima, dell’uomo cioè che incontra chi ha già riconosciuto in sé questa memoria e crea con lui un’alleanza, ecco, io credo che l’uomo possa recuperare la possibilità di questa memoria anche nell’incontro con la natura; insomma il segno della creazione vige e s’illumina anche lì, nella natura.

Don Giussani: Alcune settimane fa ho incontrato un ragazzo che m’aveva scritto, e poi detto, di sentirsi veramente uomo solo quando andava nella natura, tra i campi.

Testori: L’incontro con la natura, appunto. Essendo anche la natura sede della memoria, quell’incontro può avvenire anche in lei. Una memoria che cresce su se stessa e che noi forse non sappiamo percepire con quale intensità esista; una memoria in cui, tuttavia, la memoria dell’uomo si può specchiare e riconoscere. Non so se hai mai pensato al perché quando si vive ovvero si passa attraverso certi momenti della giornata che possono situarsi nel mattino, nel pomeriggio, nella sera, nella notte; ecco, perché in quei momenti si sente con una sottigliezza ancor più acuta questa memoria d’essere creati; questa presenza d’essere creati; fin quasi ad avvertire una sorta di lacerazione, di ferita; infatti, la memoria, come abbiam detto, è anche dolorosa. Ti sei mai chiesto perché quando tu ti trovi dentro un momento così miracoloso della vita della natura e tremi in lei, senti risvegliarsi come in un allargamento il segno di Dio, il segno della creazione; e lo senti allargarsi in modo totale come se a una voce si sovrapponesse un organo? Perché questo se non per il fatto che in quei momenti si verifica la memoria d’una unità totale in cui entra anche lei, la natura? Io credo ugualmente che questo incontro con la memoria possa avvenire anche attraverso i segni della cultura, attraverso le opere che l’uomo ha lasciato dentro la sua storia, i libri intendo, la musica, le forme dell’arte. Anche da lì può venire un recupero del segno d’essere figli, d’essere voluti. Il campo delle possibilità è quindi infinito. Solo che noi cristiani siamo soliti stringerlo, fin quasi a non saper leggere nessuno dei segnali che in quel campo infinito ci vengono mandati dalla Grazia; segnali che possono essere felici o dolorosi; che possono essere, ad esempio, queste luci che si stanno formando proprio adesso nell’aria, là, oltre la finestra; o possono essere, invece, una malattia. È questo nostro non essere più aperti, questo nostro essere arroccati. Per difender cosa, poi? L’aridità, ecco. Quando invece il cristiano dovrebbe offrirsi interamente all’abbondanza di Dio. Credo che l’abbondanza della Grazia sia infinita, soprattutto oggi. Ma noi non sappiamo più leggerla per noi stessi e così non sappiamo più aprirla agli altri. Quando poi crediamo d’averla letta e la facciamo leggere, è quasi sempre con nome, sensi e significati sostitutivi, parziali, incompleti. Mentre potremmo e dovremmo adoperare anche i termini della scienza, della letteratura, della filosofia, e risalire attraverso di loro all’origine di quei segnali, all’origine cioè della memoria; insomma, alla nascita; e così afferrarne il senso e, insieme, lasciarci afferrare da lei.

Don Giussani: Quello che dici va tutto bene, però io insisto che la catalizzazione di una presenza umana sia quasi inevitabile, altrimenti può emergere un senso di dipendenza in cui non si ricostruisce la scoperta della propria figura. Senza la catalizzazione della presenza umana tutto si risfoca; come accade del senso dell’individuo che si disfa dentro il senso panico della realtà. Invece il contatto coi documenti della storia dell’uomo, l’arte, la musica, la letteratura, determina certamente una presenza. Soltanto che viene, comunque e sempre, il momento in cui deve esserci un’altra persona. Io volevo semplicemente dire che la speranza che io vivo e che tanti altri con me vivono, non è una dabbenaggine, e neppure una sottovalutazione del cinismo in cui tutto è sommerso; ma è l’esempio di una vita che comincia a far muovere il ghiaccio, che comincia a render caldo un corpo, un corpo congelato. E questo si deve moltiplicare, diventando fenomeno socialmente rilevante, come riconoscimento vicendevole, come compagnia vicendevole; questo è il processo istituito da Cristo. C’è stata gente che a contatto con la Sua persona ha riscoperto la sua origine, il suo destino; si sono sentiti fratelli tra di loro, compagnia e regola gli uni per gli altri; perché il concetto di regola nella storia della Chiesa si significa, prima che nella codificazione dei suoi articoli, nella compagnia verso il destino. Questo è il fenomeno che deve avvenire, senza domandare etichette, tessere; e deve avvenire da qualunque parte uno si muova. Da questo punto di vista la Chiesa è mirabile, perché nonostante il tradimento dei chierici e la grande dimenticanza dei suoi figli, rimane la vera presenza di persone in connessione amichevole come compagnia al destino; dove la ricchezza della compagnia è la memoria; dove la compagnia diventa scuola della memoria. E il luogo della memoria è proprio quando uno dice «io».

Testori: Io in Te.

Don Giussani: Il luogo è quando uno dice «io», scoprendo che questo io è un altro, che questo io è costituito dalla presenza di qualcosa d’altro. Sant’Agostino dice che la preghiera è elevatio mentis in Deum, la presa di coscienza di sé sino al suo punto originario. Io in Te; perché nella storia si dice che sei diventato uno di noi, per farTi sentire, per farTi vedere…

Testori: Per fare in modo che io potessi dire «io». E io lo pronuncio solo in quanto Tu ti sei fatto uomo.

Don Giussani: «Venite a me voi tutti che siete stanchi, logorati e oppressi e io vi ristorerò». I cristiani devono ridiventare questo luogo di memoria.

martedì 8 gennaio 2013

Il Fidesz in Ungheria. Intervista ad un militante.


Come, quando e perchè è nato il gruppo Fidesz?
Il partito Fidesz é nato il 30 marzo del 1998, é stato formato da un gruppo di giovani che oggi si trovano negli alti livelli del partito, tra questi Orban Viktor, Kövér Lazslo e tanti altri.
In passato hanno combattuto radicalmente contro la dittatura ed il comunismo, oggi lavorano per il partito conservatore di destra e si battono contro il vecchio comunismo di allora che oggi viene rappresentato del partito MSZP.
Il partito Fidesz non é razzista, in Ungheria la priorità sono gli ungheresi ma il Fidesz si occupa anche delle altre etnie: zingari, gli ebrei etc.

Esiste nel partito Fidesz un gruppo giovanile?
Esiste all’interno un gruppo emergente di giovani e il suo nome é FIDELITÁSZ e alcuni rappresentanti del gruppo lavorano al parlamento.

Quale differenze esistono tra il Fidesz e il partito Jobbik?
Il partito Fidesz é un partito nazionale conservatore ma non radicale nè antisemita.
Lo Jobbik invece é un partito di destra radicale, antisemita e razzista. La comunicazione dello Jobbik é rivolta spesso contro gli ebrei e gli zingari.
Nell’ultimo periodo ci sono stati molti rappresentanti che sono usciti dallo Jobbik perché il partito non si occupava di problemi politici ma quasi esclusivamente di questioni inerenti l'immigrazione.
Il  Fidesz, da sempre, mantiene le distanze dallo Jobbik proprio perché non condivide questa visione razzista della società. Le persone ungheresi hanno una "indecisione” verso lo Jobbik perché da quando, nel 2010, il fiesz si è insediato al governo, lo Jobbik non ha fatto altro che dargli contro. Così come ha fatto il movimento socialista MSZP. Quando al governo c'era il MSZP ha fatto tanti debiti che poi il governo Fidesz si é ritrovato sulle spalle. Nell'ultimo periodo del loro governo, pur sapendo che avrebbero perso, hanno continuato ad indebitare l'Ungheria.

In materia, finanziaria, giungono notizie che Viktor Orban abbia fatto alcuni passi indietro. Inizialmente erano state proposte grosse riforme per la Banca d'Ungheria, con la richiesta di ridurre l'interesse del Fondo Monetario Internazionale, poi cos'è successo? Non tutte le battaglie sono state vinte?
Orbán Viktor non ha fatto passi indietro rispetto al FMI e all' UE ma si é riuscito ad imporre usando testa e tattica. FMI e UE sono molto piú potenti dell’Ungheria, per questo qualche volta serve fare passi tecnici in modo da guadagnare tempo e per continuare con il governo. Non si puó battere la testa contro il muro perché si stá parlando di uno stato. Il FMI aveva chiesto che il governo abbassasse le pensioni e potesse mettere parola nelle decisioni economiche ma il governo ha deciso di non seguire quello che il FMI aveva suggerito.

Cosa pensono i simpatizzanti del Fidesz-KDNP del lavoro dell governo?
I simpatizzanti del Fidesz-KDNP appoggiano in modo concreto il partito, il governo opera per quello che i simpatizzanti e il popolo ritengono importante , per esempio proteggere la sovranitá nazionale, oppure alle persone è risultato molto buono il fatto che il governo abbia attuato delle normative che non siano solo per i singoli cittadini ma anche per le grandi imprese. Le tasse non devono pagarle solo i singoli cittadini ma anche la banche e le grandi società multinazionali.
I simpatizzanti di destra vedono e sentono che il governo é su una buona strada perché fa dei passi che non sono facili e li affronta con forza e pazienza. Quando gli ungheresi e i socialisti e liberali europei hanno manifestato contro il governo Orbán, piú di una volta le persone ungheresi hanno dimostrato liberamente in maniera molto numerosa la loro vicinanza e solidarietà al capo del Governo. Oggi le persone ungheresi non hanno davanti a loro una strada facile ma piú tardi verrà un percorso piú semplice.