venerdì 3 dicembre 2010

La gente come noi non molla mai


"Schiavo è colui che aspetta qualcuno che venga a liberarlo" Non mollare Liu!

PECHINO - A una settimana dalla cerimonia di consegna del premio Nobel per la pace, Liu Xiaobo ha detto no alla libertà. Il dissidente cinese, condannato a undici anni di prigione per "incitamento alla sovversione", ha rifiutato la scarcerazione e l'espulsione immediata dalla Cina in cambio di una "confessione".

La proposta del governo di Pechino è stata rivelata ieri dall'avvocato del leader di Charta 08. "Liu Xiaobo - ha detto Shang Baojun - accetterà solo il rilascio senza condizioni". Le autorità cinesi, decise a minimizzare l'indignazione internazionale, avevano tentato in extremis di avviare una trattativa riservata con il protagonista delle proteste del 1989 in piazza Tiananmen. L'offerta è stata quella che negli ultimi anni ha consentito a centinaia di attivisti per la democrazia di andare in esilio: un passaporto di sola uscita con il visto per gli Usa, o per uno dei Paesi Ue. "Liu Xiaobo ha rifiutato - ha detto il suo legale - anche per non abbandonare i suoi genitori durante la vecchiaia".

Il clamoroso no di Liu Xiaobo e di sua moglie Liu Xia, costretta agli arresti domiciliari dal giorno dell'annuncio del Nobel, è lo schiaffo estremo al partito comunista cinese e fa risalire al massimo la tensione in vista della cerimonia del 10 dicembre. Sul palco di Oslo, per la prima volta in oltre un secolo, al posto del premiato sarà esposta una sedia vuota. Questa rappresentazione shock, secondo il comitato del Nobel e i dissidenti cinesi, "dovrà
richiamare l'attenzione del mondo sulla situazione dei diritti umani nella seconda potenza economica del pianeta".

A ritirare il premio, mentre Liu Xiaobo sarà rinchiuso in una cella a cinquemila chilometri di distanza, sarà infine il dissidente Yang Jianli. Amico di Xiaobo, compagno di proteste nel 1989, esiliato negli Stati Uniti e docente all'universtà di Harvard, è stato incaricato via Twitter da Liu Xia. La moglie del Nobel aveva rivolto un appello a 143 intellettuali cinesi, invitandoli a raggiungere Oslo. La polizia di Pechino nelle ultime settimane ha però effettuato centinaia di arresti. Famigliari e amici di Liu Xiaobo sono stati isolati, sono scomparsi, oppure sono stati bloccati negli aeroporti e alla frontiera. "A Oslo - ha detto Yang Jianli - aggiungeremo una sedia vuota anche per Liu Xia. Questa assenza urlerà più di ogni parola e contribuirà a presentare l'intero movimento democratico cinese, che ama la sua patria".

Su richiesta dei coniugi agli arresti, Yang Jianli e gli attivisti che riusciranno a raggiungere Oslo chiederanno a Pechino "di liberare immediatamente Liu Xiaobo e sua moglie". In Norvegia venerdì prossimo sono attesi centinaia di sostenitori dei diritti umani, tutti esuli, che protesteranno davanti all'ambasciata cinese. Le manifestazioni però sono già iniziate. Vincent Huang, artista cinese riparato a Taiwan, ha bloccato ieri il traffico di Londra con una "performance di denuncia". Un dissidente cinese, bendato e imbavagliato, ha sfilato per le vie del centro su un carro trainato da buoi, secondo la tradizione delle condanne all'onta pubblica dell'epoca imperiale. Pechino ha reagito con una nuova retata. Tra i fermati anche lo scrittore Xie Chaoping e l'economista Mao Yushi, in partenza per un convegno internazionale a Singapore. Un portavoce del ministero degli esteri è tornato inoltre a minacciare la Norvegia. "Sarà difficile - ha dichiarato Jiang Yu - mantenere relazioni amichevoli, come in passato". Secondo Pechino, il governo di Oslo è colpevole di "aver espresso sostegno al Nobel per la pace, assegnato ad un criminale cinese condannato da un tribunale, compiendo una flagrante sfida e una grossa interferenza".

Sono 36 le nazioni, tra cui l'Italia, che sfideranno la vendetta cinese inviando il proprio ambasciatore alla cerimonia del premio. Tra i presenti anche la speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi. Una scelta delicata, nella fase più critica del confronto Cina-Stati Uniti e alla vigilia del viaggio di gennaio di Hu Jintao a Washington. 

Da larepubblica.it

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