IL NUOVO scenario che prende corpo è quello della cosiddetta ‘pista palestinese’, secondo cui la strage fu una vendetta del Fronte popolare per la liberazione della Palestina contro l’Italia, che aveva arrestato un suo dirigente. Per farlo, i palestinesi si sarebbero serviti del loro braccio armato, cioè il gruppo di Carlos. Kram il 2 agosto era a Bologna, all’hotel Centrale. La Frohlich, secondo alcuni testimoni, in quei giorni alloggiava all’hotel Jolly. La loro presenza in città, assieme ad altri elementi raccolti con certosina pazienza dalla Digos, ha convinto gli inquirenti a indagarli. La mole di atti raccolta è enorme: perizie sugli esplosivi, corpose traduzioni dei dettagliati rapporti della Stasi, l’ex polizia della Germania Est che pedinava il gruppo di Carlos, deposizioni, verbali, informative. Tutto contenuto nel rapporto finale che la Digos ha consegnato in Procura e che ha convinto i magistrati a procedere sull’impervia strada della ‘pista palestinese’.
IL TUTTO mentre Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione familiari delle vittime del 2 agosto, ha sempre bollato come falsità quella pista chiedendo, anche tramite due esposti, che si indaghi invece per trovare i mandanti, finora ignoti, di Mambro e Fioravanti. Ma la teoria della rappresaglia palestinese annovera diversi sostenitori. Il primo fu l’ex presidente Francesco Cossiga, che in quel terribile agosto ’80 era presidente del Consiglio. Più di recente, chi si è sempre battuto a favore di quella pista è stato il deputato di Fli Enzo Raisi, membro della commissione parlamentare Mitrokhin, dai cui atti è nata l’inchiesta bis della Procura, partita nel 2005. E ancora: il giudice Rosario Priore, che da tanti anni indaga su Ustica.
NON sarà facile, per i magistrati, far luce sui misteri della strage. I due tedeschi, già sentiti come testimoni, si sono rifiutati di rispondere. Se ora verranno interrogati come indagati, probabile che tacciano di nuovo. Carlos, dalla sua prigione parigina, parla addirittura di un terzo scenario e dice che fu la Cia mettere la bomba. In Procura nessuno vuole parlare. Si temono i contraccolpi mediatici. I prossimi passi saranno decisivi. In un senso o nell’altro.
di GILBERTO DONDI
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