domenica 5 febbraio 2012

Nel viaggio, l'uomo. Recensione sulla mostra di McCurry




“Scopo del viaggiare è disciplinare l’immaginazione per mezzo della realtà e, invece di pensare come potrebbero essere le cose, vedere come sono in realtà”  scriveva Samuel Johnsonn, fotografando la realtà del viaggiatore, che prima di organizzare un viaggio lo immagina, lo sogna, lo disegna con la mente; salvo poi immergersi nella realtà e viverla a pieno.
Non si parte se non si ha questa predisposizione, questo forte desiderio, spesso questa ansia, di immaginare, vedere, conoscere, volontà di immergersi e di farsi coinvolgere, con gli occhi, con la mente con il cuore.

Steve Mc Curry è prima di tutto un viaggiatore, un uomo che ha visitato ogni angolo del globo, dirigendosi soprattutto ad Oriente, alla ricerca dell’uomo, e della sua rappresentazione; ogni scoperta è un’emozione,  che è necessario provare a fissare.
Queste  emozioni, queste sensazioni che sono state pubblicate in 30 anni di carriera di Mc Curry come fotografo – reporter del National Geografic si trovano selezionate e raccolte  oggi in una mostra  al Macro di Testaccio.
Muovendosi  tra i “globi” allestiti nell’area dell’ex mattatoio di Roma sembra davvero di imbarcarsi in un lungo viaggio, tra i colori forti delle immagini provenienti dall’India come dal Giappone, dal Kuwait e dal Pakistan, da diversi scenari di guerra (Afghanistan, Cambogia, Libano, Jugoslavia), ma anche dall’Italia, da Roma, Venezia, da Parigi: non è necessario compiere un viaggio esotico per fissare una emozione. L’occhio del fotografo americano si fissa ovunque si trovi, compiendo il lavoro meccanico ed emotivo di ogni viaggiatore; che osserva, scruta alla continua ricerca di analogie, differenze, unicità.
Nei fumi del petrolio bruciato della guerra della guerra in Kuwait, nella polvere delle torri gemelle dopo il  crollo, nel fervore religioso che trascina i santoni indiani come i portatori di santi siciliani; e questi movimenti questi colori distinti e distanti sembrano fondersi.
Il coraggio di partire, ed esplorare le sorti di luoghi  dove gli altri non possono o non vogliono andare, nell’Afghanistan della guerra contro i russi, eroismo e miseria, ma soprattutto grande dignità espressa dalla durezza dei volti, e dalla dolcezza dei sorrisi dei combattenti.
Ma non bisogna farsi trascinare troppo lontano, nei movimenti come nei momenti spesso tragici della storia. Perché c’è una sola ricerca al fondo di questo continuo muoversi, fissarsi, ed è la ricerca ultima del viaggiatore come  del fotografo, che scattano incessantemente alla ricerca dell’uomo.
Come si somigliano quei bambini armati, dall’Afghanistan all’Africa, quei volti da adulti su corpi di dodicenni, nei quali occhi la camera si fissa. Volti che non parlano, comunicano, e ti tengono inchiodato a dialogare con gli occhi; volti, pieni,  anneriti, consumati, sorridenti, da Roma all’India, passando per lo sguardo intenso di una giovane Afghana, per le lacrime di un bambino peruviano che si punta una pistola; immagini divenute famose in tutto il mondo, entrate nella storia,  icone, che però non smettono di stupire per la loro intensità, e che raccontano più di centinaia di inutili scatti a monumenti, strade, insegne etc.etc. che spesso riportiamo dai nostri viaggi.


“ Chi non viaggia non conosce il valore degli uomini” , recita un proverbio moresco; e ti viene da sorridere quando senti una ragazza vicino a te provare a spiegare ad una amica simmetrie e linee geometriche presenti nelle foto che ti circondano. Se uno studio c’è negli scatti di Mc Curry, è lo stesso studio che si riscontra negli occhi di ogni viaggiatore, che ama e studia l’uomo nel suo rapporto con l’ambiente, con la storia, con le tradizioni, nella sua completezza.




laboratoriodazione.blogspot.com

2 commenti:

  1. Un mostra veramente interessante... e mi piacerebbe proprio avere l'opportunità di andarla a vedere... Vedremo!

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