martedì 1 marzo 2011

Con leggerezza...


Sandro Bondi si taglia con un grissi­no. È tenero e liscio come un tonno, non sopporta gli urti, è fragile e forse te­me pure l'umidità. Facile al pianto, più facile alla poesia, non fa parte né dei fal­chi né delle colombe berlusconiane ma degli usignoli. Sibila lodi in onore del Santo Cavaliere, dedica liriche e diti­rambi al suo Mito, e nei rapporti umani ha una naturale, affabile cortesia che lo rende sempre ossequioso. Sono convin­to che quando va l'usciere nella sua stan­za di ministro lui si alza e gli cede il po­sto: si accomodi, ma la prego. È gentile e non regge la vista della violenza. Quan­do incontra un avversario politico o un giornalista lo implora con gli occhi: ti prego non farmi del male, non sopporto il dolore fisico, etico e intellettuale. Non so come abbia potuto essere comuni­sta, forse un tempo era ispido e feroce; poi diventò implume e quando perse i capelli, come Sansone perse l'aggressi­vità e si convertì in un vitello da latte. Potete immaginare come abbia sofferto nei giorni in cui lo hanno accusato ingiu­stamente dei crolli di Pompei, lui che non ha mai rotto una tazzina di caffè a casa di nessuno, o l'ha riattaccata col bo­stik quando non lo vedeva nessuno. An­che se in Parlamento hanno bocciato la mozione di sfiducia contro di lui, Bondi è rimasto ferito e non riesce ad andare al suo ministero. E implora il suo Maestro e Signore di lasciarlo a casa, con la sua morosa, per frequentare la politica da privatista. Io non ho un gran giudizio di lui - però non riferiteglielo perché poi ne soffre - come ministro dei Beni cultu­rali, come politico e come poeta. M a tro­vo questa sua ipersensibilità, questa sua voglia di dimettersi, così insolita e così nobile da meritare un pubblico elo­gio. E trovo che la sua dichiarata voglia di sparire sia più poetica e commovente dei suoi versi. Su, mandatelo a casa, non vedete che la creatura soffre? Magari è l'occasione per prendere sul serio i Beni culturali... Ti vogliamo bene, Bondi, con quell'aria da Max Cipollino pian­gente, non ti faremmo mai del male, ne­anche un pizzicotto sulle glabre guan­ce; ti terremo lontani i cattivi. Trottolino amoroso dududù dadadà.

Di Marcello Veneziani

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